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Le notti bianche: riflessioni post- lettura sulla base delle aspettative pre-lettura

Impunemente prendo a prestito per il titolo della riflessione che seguirà, il titolo del romanzo Dostoevskijano da cui appunto parte la riflessione, pur non essendo l’unico fulcro che la muove. La scintilla di sicuro scaturisce da una certa perniciosa curiosità personale verso quest’autore dalle innumerevoli atmosfere, voci e sfaccettature, per niente esente dall’ironia tipica di chi si accinge non solo a raccontare una storia, ma che tiene sicuramente in gran considerazione chi la storia, invece, vorrà leggerla, mettendo in conto, non senza un certo cipiglio ironico (come accade nell’ a parte dell’autore all’inizio de “I fratelli Karamazov” ) che il lettore potrebbe stufarsi buttando via il libro per non aprirlo mai più, a metà della lettura, visto che l’autore ammette l’effettiva presenza di un secondo romanzo all’interno del romanzo stesso. Ebbene, mi accingevo a leggere “Le notti bianche”, in virtù di alcuni problemi di insonnia che mi hanno tormentato per buona parte della mia esistenza, aggiungendosi, tra l’altro, nel novero di argomenti a cui si presta vivo il mio interesse, aspettandomi di leggere una qualche strana eclettica cronaca circa i voli pindarici, i pensieri, le immagini, e le visioni di un insonne incallito ed invece con mio sommo stupore, avendo letto anche altre opere dello scrittore, ciò che invece mi sono trovata davanti è stato un romanzo (breve, considerando la grande mole di molti dei suoi capolavori) a più quadri circa la buia esistenza di un erudito e solitario ventiseienne , nonché inguaribile sognatore (il tratto peculiare del personaggio, oltre alla timidezza) pietroburghese che preso da un’inspiegabile angoscia per lo spopolamento della città, visto l’arrivo della bella stagione, esce di casa e colto alla sprovvista dalla bellezza dei paesaggi rigogliosi di primavera della periferia fuori dalle mura città, viene colto da un altrettanto inspiegabile senso di felicità e nel rientrare ad ora tarda verso casa incontra una ragazza, Nasten’ka , con la quale fa amicizia, rinnovando l’appuntamento per la notte successiva. Entrambi cercano qualcuno con cui condividere la propria storia, emozioni, riflessioni,data la grande solitudine in cui i due personaggi sono proiettati. Le notti si susseguono, apprendiamo che Nasten’ka è in attesa di un giovane che essendosi dovuto allontanare per un anno dalla città, le aveva promesso che sarebbe ritornato per suggellare il loro patto d’amore. Il nostro protagonista aiuta Nasten’ka non solo a scrivere la lettera da far recapitare al giovane, che nel frattempo è rientrato in città, ma anche a smorzare la sofferenza dell’attesa di una risposta che sembra non arrivare. In un clima di sospensione quasi onirica nelle notti che si susseguono, il nostro eroe trova finalmente il coraggio di dichiararsi alla spigliata ragazza che sebbene confusa sembra contraccambiare i teneri sentimenti dell’eclettico sognatore. Le notti terminano una sera, quando il giovane tanto atteso, compare all’orizzonte, portando via con sé anche la beatitudine che la presenza di Nasten’ka aveva portato nella vita del nostro eroe. Un arresto così turbolento da creare nel lettore la sensazione di essersi appena svegliati da un lungo, soporifero sonno/sogno, quasi ad imitazione della velocità e fluidità con le quali la vita tende a ribaltare le situazioni.

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